Impianti
Gli impianti, croce e delizia tecnica dei moderni edifici, sono importanti tanto quanto le strutture portanti. Tra fonti rinnovabili, domotica, sistemi di controllo remoto e sensoristica, il loro ingombro all’interno degli edifici non si può trascurare: richiedono di riservare loro dei veri e propri vani tecnici in cui far passare le dorsali e di trovare il modo di ottimizzarne il passaggio all’interno delle abitazioni in modo da essere il più discreto possibile, avendo un occhio attento alla corretta posa per evitare ponti acustici.
Lo so che state pensando all’annoso problema italiano dello scollamento tra modello BIM e il progetto dell’impiantista su carta e disegnato a mano. Lo so, perché per ora è ancora normale ottenere questa tipologia di progetti, soprattutto quando si tratta di piccole realtà di singoli professionisti o piccoli studi che lavorano con artigiani, mentre in studi più grandi e strutturate la progettazione MEP è quasi uno standard, (ma sappiamo che l’Italia è cosparsa di piccoli e medi studi).
Glissando un momento sulla questione dello scollamento, nel moderno processo di progettazione gli impianti non possono essere sottovalutati e lasciare che vengano definiti meglio in cantiere: conviene piuttosto armarsi di santa pazienza, appoggiare il cappellino del BIM Specialist sulla scrivania e indossare quello del MEP Modeler per ottenere un controllo all’altezza della situazione.
Tempo perso? Non proprio, anzi: soldi risparmiati. Magari non direttamente, ma di sicuro in cantiere si sente la differenza e soprattutto si nota sia dal punto di vista economico che del rispetto dei tempi previsti in cronoprogramma. Cosa potrebbe accadere altrimenti? Che il Site Manager faccia la sua visita in cantiere e veda l’esecuzione di tracce sui muri appena costruiti, sollevando il sopracciglio a mo’ di biasimo: consegnata su un piatto d’argento la prova che la progettazione architettonica e impiantistica non sono andate di pari passo.
Le conseguenze sono una richiesta di rivisitazione degli impianti progettati e di lavorazioni non previste da eseguire in cantiere e costose, tutte cose che faranno sicuramente felice il promotore finanziario. Queste lavorazioni pesano all’interno dell’economia di cantiere, soprattutto dal punto di vista dei tempi di lavorazione, senza considerare che potrebbero inficiare le prestazioni termiche e acustiche perché improvvisate in fretta, al posto di esser attentamente studiate e progettate.
Non mi rimane che concludere la visita in cantiere documentando lo stato di avanzamento lavori e avviarmi verso il piano terra.
Tracciamento muri
Sceso dai cinque piani di edificio, sono passato a salutare la direzione lavori e il progettista prima di lasciare il cantiere; dopo i convenevoli e le già citate fantasiose scuse relative all’evidenza del ritardo del cantiere, sono stato partecipe del problema del giorno.
Il problema era in capo al progettista, a seguito di una semplice richiesta dell’Impresa esecutrice: per non sbagliare, le quote architettoniche di progetto sarebbero state più gradite al rustico del muro e non all’intonaco finito. Richiesta lecita da parte dell’Impresa, raccolta dal tecnico dello studio che si occupa della progettazione con la proverbiale goccia di sudore freddo sulle tempie, perché avrebbe richiesto un enorme e noioso lavoro di modifica delle tavole esecutive.
Non essendo proprio di primo pelo, avevo intuito da dove arrivasse la preoccupazione del tecnico che avevo di fronte: ho voluto sondare la questione per esserne sicuro.
“Mi scusi, ora tolgo il cappello del Site manager e indosso il cappello del tecnico: questo progetto esecutivo è stato realizzato al CAD?”
Come volevasi dimostrare la risposta è stata positiva: conseguentemente si trattava di andare a modificare ogni muratura dei quattro piani abitabili, togliendo la riga esterna del muro che identifica l’intonaco e spostando i punti di quotatura sulle linee che indicano il filo grezzo delle muratura.
“Mi scusi di nuovo, ma come mai non siete passati al BIM?”
Il titolare aveva già affrontato il passaggio dal disegno a mano al CAD e affrontare un nuovo cambiamento non era nelle sue corde. Corde che hanno iniziato a vibrare quando gli ho spiegato che avevo affrontato anche io il suo stesso passaggio, ed è proprio per questo che mi viene l’orticaria quando vedo un qualsiasi file CAD, perché so già che mi fanno solo perdere tempo, proprio come in questo caso, che in Archicad si sarebbe risolto entro la giornata.
Aperto il progetto con Archicad, vado al mio abaco delle murature e alla colonna “Tipo muro” posso sostituire la tipologia del muro con intonaco con una copia della stessa muratura senza intonaco che mi sono preparato prima, sia per le murature perimetrali, sia per quelle di divisione, sia per le tramezzature. Fatto questo passaggio, una volta tornato al modello, mi sono trovato le quote modificate: il resto del tempo l’ho passato a controllare che tutto avesse funzionato per il meglio.
Sento già la voce del buon Mario Napolitano che mi sussurra:
“Se quoti al finito, poi metti la visualizzazione parziale della struttura senza finiture e quoti al grezzo in un altro lucido!”
Il bello di Archicad è quello di poter trovare la propria strada, la più adatta al proprio modo di lavorare, lavorando in ogni caso con un’operazione decisamente più semplice. Come la soluzione di tracciare le mezzerie delle murature interne piuttosto che togliere l’intonaco nel file CAD (ma questa è un’altra storia)
BIM è sempre meglio
Andando verso l’accesso del cantiere – il portale che mi avrebbe riportato nel 2022 – il pensiero è corso veloce al motivo per cui il BIM è sempre meglio. Questo mi lascia dell’amaro in bocca perché il BIM permette di migliorare ogni processo che riguarda la costruzione di un edificio e dai più non viene ancora usato perché, alla fine, si è sempre fatto così.
Il tempo di un’ora e mezza in cantiere ha fornito molti spunti di riflessione sui quali non si può chiudere un occhio: il mondo corre veloce, le risposte al mercato devono esserlo altrettanto e non si può rimanere indietro, pena perdite a cascata, sia dal punto di vista economico che da quello logistico.
Facendo riferimento alla classica curva di McLeamy, è vero che il BIM ha una curva operativa più ripida all’inizio rispetto al CAD, ma se la guardate bene scoprirete che questa curva rende solo evidente che la progettazione torna nello studio e non demanda i problemi in cantiere: lo studio, il nostro lavoro di progettisti, torna centrale nel processo di costruzione. I problemi vengono gestiti prima della realizzazione, senza bisogno di demandare la prototipazione a un oggetto reale in scala 1:1, mantenendo centralizzata la conoscenza del manufatto in un modello tridimensionale informatizzato che diventa il prototipo virtuale di ciò che verrà costruito.
In studio c’è più tempo per risolvere i problemi, consentendo un’analisi più approfondita da parte di tutte le figure tecniche coinvolte e consentendo alle persone che lavorano in cantiere di fare ciò che sanno fare meglio e per cui sono pagati: rendere reale il nostro progetto virtuale.